Dal 10 luglio 2010 in mostra alla Foce

Il 10 luglio 2010, alle ore 18:00 Giovanna Lysy scultrice, Francesca Lotti fotografa e Alessandro Gaggio inaugureranno U TURN, mostra di loro opere all'interno del giardino de "La Foce", nel cuore della Val d'Orcia.
Sin dal titolo, l'inversione di marcia, si evince la voglia di una ripartenza che ripercorre le proprie orme, alla ricerca di antichi valori e degli equilibri necessari per ricostruire una nuova era per la generazione degli "Over 40" travolta e sconvolta da una crisi economico/politica di livello mondiale.

venerdì 30 luglio 2010

giovedì 22 luglio 2010

U_TURN: Rassegna stampa sul web

Una sintesi della rassegna stampa di U_TURN sul web:

Finesettimana.it

Artelabonline.com

Sienaffari.com

mercoledì 14 luglio 2010

Profilo di Francesca Lotti e Alessandro Gaggio

Nel primo trittico, si incidono storie di uomini consumati dai propri amori: Alessandro Gaggio interpreta il mondo mitico di Euriolo e Niso, ed ancora le contrastate storie d’amore di Edoardo II, Corradino di Svevia ed il Duca d'Austria con la bellezza reale di corpi virili, da lui vestiti e messi in posa, ebbri di desiderio e carichi di tensione erotica.
Erotismo ed ambiguità sessuale che si ripetono nel secondo trittico, dedicato al tema lezioso ed impudico della commistione fra la natura umana ed animale; ancora, corpi maschili, travestiti fino alla caricatura, con gusto morboso e dissacratorio, ad irridere ogni certezza di identità, esistenziale e sessuale, del comune sentire. Una visione che si raffina nel terzo trittico, dove la tensione omoerotica si spinge in un raffinato ed obliquo gioco di mascheramenti, aperto a sottintesi trasudanti una sensualità estenuata e massimamente trasgressiva. I corpi, dall’epidermide trasfigurata con l’algido biancore statuario e rivestita da sole maschere e corazze in ceramica, emergono dalle siepi di bosso del giardino all’italiana, emblemi di un immaginario sospeso in una tensione costante di vita e morte, lussuria e violenza, desiderio ed assassinio. Ogni personaggio è fermato in un’istantanea che inneggia alla piena e disinibita espressione sessuale, ma insinua, contemporaneamente, una riflessione profonda sulla solitudine e la fragilità dell’esistenza umana.
Immagini dove la complessità della visione artistica e l’immediatezza istantanea della fotografia dei due autori si sublimano in atmosfere estetizzanti e decadenti, in un impianto visivo visionario e di grande potenza evocativa. Ne è ideale continuazione il quarto trittico, dedicato da Francesca Lotti al tema della natura, dove gli alberi gettano emblematicamente la propria ombra sulla superficie di mura spoglie, e congiungendosi drammaticamente al profilo di altre piante, inscenano l’eterno cammino metaforico fra realtà e visione.


Three triptychs spring from the double vision of Alessandro Gaggio and Francesca Lotti, three great slabs of glass in which the photographic lens, without any documentary design, registers only the capture of desire, of onyric vision, of myth. The first triptych relates the history of men destroyed by love: Alessandro interprets the mythical world of Euryalus and Nisus, as well as the contrasted loves of Edward II, Corradino di Svevia and the Duke of Austria, as he depicts the beauty of male bodies dressed and poised in an extasy of desire and erotic tension.
Erotism and sexual ambiguity return in the second triptych, dedicated to the delicate and immodest subject of combinations between men and animals; again we see male figures in morbid and desecrating disguises, depicted almost as caricatures, mocking all commonly accepted certainties of existential and sexual identity. This vision becomes even stronger in the third triptych, where the homoerotic tension reaches its peak within an oblique and refined masquerade, open to nuances of an extenuated and infinitely transgressive sensuality. The bodies, with their skins transfigured by an extreme statue-like pallor and clothed only in masks and ceramic armour, appear among the box hedges in the italianate garden, emblems of the imagination suspended in constant tension between life and death, between desire and murder. Every figure is transfixed in a still-life that sings in praise of a full and uninhibited sexuality, while also deeply reflecting on the solitude and fragility of human life. They are images in which a complex artistic vision contrasts with the instant immediacy of a photograph, combining an aesthetic and decadent quality with a visionary and evocative impact. The fourth triptych, dedicated by Francesca Lotti to the theme of nature, is the perfect continuation of this style. Here trees throw their emblematic shade onto barren walls, joining dramatically the profile of other plants, and metaphorically depicting the eternal path between reality and vision.

giovedì 8 luglio 2010

U_TURN 2010 BACKSTAGE

Profilo di Giovanna Lysy

Da La Foce e dalla Val d’Orcia il lavoro di Giovanna Lysy trae la propria linfa vitale: nasce dall’intima ed enigmatica fecondità di questa terra che si innesta vigorosamente nel profondo della sua creatività. I materiali - travertino, ferro, vetro - scaturiscono da memorie antiche: “ricordo ancora il calore del travertino dopo il tramonto sotto i miei piedi nudi – dice Giovanna in un’intervista ad Elisa Gradi; ricordo il ferro come simbolo di forza e del lavoro dell’uomo sulla terra”. Le parti di materiale utilizzato trovano lentamente il loro equilibrio, come per forza di una calamita, che attira a sé le varie parti. Tutte le sculture di Giovanna si formano intorno ad un elemento principale, gradualmente, per forza di stratificazioni: non partono mai da un progetto statico ed inalterabile. Ed è la luce il fattore finale e decisivo, che definisce caratteristiche e struttura dello spazio scultoreo, ne sviluppa il potenziale espressivo, e conferisce significato a tutto quanto si sottopone al suo raggio.

The spirit of Giovanna Lysy’s work comes straight from the rich texture of her home, La Foce, and this extraordinary valley that becomes the root of her creative vigour. Travertine, iron, glass – these are the materials she uses – spring from ancient memories of childhood. “I still remember the heat of the travertine paths on the soles of my feet” says Giovanna in an interview given to Elisa Gradi. “Iron was the true symbol of strength, of man’s untiring work on this harsh soil”. All the materials slowly find their own composite equilibrium, as if drawn by a magnet that attracts each and all. Giovanna’s sculptures are inspired initially by one principal element, gradually coming together in stratified forms: they never derive from a static or predefined project. But light is the final and defining factor that characterizes each sculpture and its spatial effect, developing its expressive potential and giving significance to all the materials that come within its rays.

giovedì 1 luglio 2010

INTERVISTA A FRANCESCA LOTTI E ALESSANDRO GAGGIO di Elisa Gradi

UTURN, inversione di marcia. Quale significato assume per te Francesca?
F.L: fondamentalmente che ho raggiunto un momento in cui faccio cose che mi danno enorme soddisfazione.
Non è allora un’inversione di marcia rispetto al percorso che credevi di aver intrapreso, e che invece sei costretta a cambiare dal momento storico che stiamo vivendo?
F.L.: direi piuttosto che per me è un modo di tornare alle origini; ricominciare a fare delle scelte con il cuore e non con il senso commerciale; sebbene anche nel mio lavoro con aziende e riviste di moda ritenga pienamente soddisfatta ogni mia esigenza creativa, perché comunque lavoro lasciando sempre la mia impronta, la mia esclusiva interpretazione del soggetto che fotografo, questa mostra mi dà modo di concentrarmi ancor di più su un percorso più riflessivo e personale.
Assume dunque un valore particolare per ognuno degli artisti in mostra. Quale il tuo Alessandro?
A.G.: è un’inversione di marcia rispetto a tutte le cattive strade che ci siamo ritrovati a percorrere nella vita.
È una scelta condivisa?
F.L.: ognuno di noi ha un percorso lavorativo e di vita diverso, ma abbiamo in comune una scelta: aver seguito sempre il nostro sentimento, a discapito forse di una ricchezza ed una notorietà più facile ed immediata.
Quale allora il tuo progetto per UTURN?
F.L.: ho scelto di esporre una serie di fotografie nate con la collaborazione, che va avanti già da due anni, con Alessandro. Condividiamo una progettualità: dalla sua idea e dalla mia interpretazione nasce l’opera che andremo ad esporre. In questo caso ci siamo concentrati sulla vita di quattro personaggi storici consumati da amori omosessuali, ed ancora un’altra serie dove interpreto il rapporto fra la natura umana e quella animale, sempre con Alessandro: saranno due trittici, con fotografia stampata su vetro. C’è poi il trittico dedicato alle statue viventi nel giardino di La Foce, in cui si inseriscono anche le sculture di luce di Giovanna Lysy, che abbiamo scelto come immagine simbolo della mostra. Altre mie fotografie saranno poi esposte nello showroom dedicato all’opera di Giovanna, nel vecchio frantoio di La Foce.
Esporrai anche qualche lavoro di tua esclusiva ideazione?
F.L.: sarà il trittico dedicato al silenzio; alberi che gettano la propria ombra creando un’inquietante prospettiva sul suolo e sui muri. Sono comunque quattro situazioni che mi aprono la via a differenti interpretazioni fotografiche, con diverse tipologie di luce e particolarità tecniche. Anche se nelle prime tre interpreto concetti di Alessandro, c’è in ogni modo una regia di luce e di costruzione esclusivamente personale.
Quale invece il progetto di Alessandro Gaggio per UTURN a La Foce?
A.G.: per l’installazione delle sculture viventi sono stato ispirato dalla rivisitazione di Cecil Pincent del giardino all’italiana: ho trovato stimolante sovrapporla alla mia visione personale, con l’inserimento delle mie maschere in ceramica, che sono in realtà volti di statue, disseminate nel percorso del parco storico.
La visione degli amori omosessuali di Euriolo e Niso, Edoardo II, il Duca d’Austria e Corradino di Svevia, come si inserisce nella mostra?
A.G.: è un discorso che sto studiando da molto tempo. Sono tutti amori che hanno subito destini atroci, sia perché perseguitati per la loro passione, sia per motivi politici. Il mio lavoro, comunque, da sempre affronta tematiche erotiche, e UTURN mi è sembrata l’occasione ideale per portare avanti questo progetto.
L’erotismo si lega immediatamente al tema della maschera
A.G.: richiama nell’immaginario il rapporto fra un essere dominante, visibile in volto, e l’altro dominato, che indossa una maschera. In realtà è la maschera a condurre il gioco, ad avere la possibilità di capovolgere completamente la situazione. Comunque, al di là del discorso erotico, è chiaro che viviamo tutti indossando una maschera, è una condizione che riguarda tutti noi, trasversalmente.
Dalla maschera si arriva poi alla corazza
A.G.: è la mia installazione nella limonaia di La Foce, con le fotografie di Francesca. Sono sculture per le quali mi sono ispirato alla cripta dei cappuccini di Palermo, con la teoria dei resti dei cadaveri esposta nelle gallerie di tufo: vorrei ricreare questa atmosfera nella parete di facciata della limonaia, esponendo la maschera corredata da una corazza (che avrà anche interventi in bronzo) e le ossa. Sono tutte maschere che ricordano l’assassinio: anch’esse un ricordo di UTURN, un’uccisione del passato.
Come vedi la tua opera che si inserisce in un contesto storico così importante, da un punto di vista estetico?
F.L. : Tutti i trittici verranno montati lungo la balza che attraversa in lunghezza lo spazio della limonaia. Un ambiente bellissimo, pur nella sua semplicità architettonica; quanto mi entusiasma esteticamente, anche in rapporto con il nostro lavoro, è il colore di fondo dei muri, con il loro ramato e la nuance ottenuta col passare del tempo. Mi dà una grande emozione.
Cosa ti aspetti di trasmettere a chi vedrà la vostra mostra?
F.L. : per quanto mi riguarda la mia voglia di serenità, il desiderio di vivere giorno per giorno. E’ questo il senso di fondo del mio UTURN: non cambio strada perché mi trovo di fronte ad un muro, ma scelgo di percorrere un altro cammino. Questa mia visione mi fa già sentire di vivere una nuova crescita.

Giovanna che monta una scultura nel giardino di La Foce, filmata dall' operatore del canale "Arte"

Alessandro mentre crea un' armatura in ceramica

venerdì 25 giugno 2010

INTERVISTA A GIOVANNA LYSY di Elisa Gradi

Una prima considerazione sulla titolazione dell’operazione UTURN: inversione di marcia. Quale il suo significato?
Sembra che oggi un’inversione di marcia riguardi la vita di tutti noi: siamo stati costretti a riguardare il proprio passato, rivedere la nostra storia, riconsiderarla, e ripartire. Molti sono stati costretti a cambiare del tutto il proprio punto di vista: la motivazione che ci ha mosso è dunque l’interpretazione del momento che la nostra società sta drammaticamente vivendo.
Il riflesso della crisi economica sta dunque investendo anche la creatività artistica? Quali le paure, le angosce, le preoccupazioni?
Posso dire, dal mio punto di vista, che quanto lega in questo momento tutte le generazioni sia proprio l’angoscia, l’ansia. Dai ragazzi più giovani che devono affrontare un mondo ignoto, fino alle generazioni dei trentenni e cinquantenni, che sono estremamente colpite: loro che dovrebbero essere guide per i loro figli, si trovano di fronte a dei muri altissimi, soprattutto in campo lavorativo. Se perdi il lavoro hai il compito durissimo di reinventarti, ritrovarti a camminare su un’altra strada. Ma è qualcosa che investe anche le persone più anziane, che vedono vanificarsi gli sforzi del lavoro di tutta una vita, ciò che credevano di aver costruito per i propri figli, per i propri nipoti: l’ansia è quella di non vedere la prospettiva di un futuro per loro.
Esiste però anche l’altra faccia della medaglia: dobbiamo pur intravedere il bagliore di una speranza in questa nuova congiuntura, altre strade che comunque possono aprirsi di fronte a noi…
Decisamente. Il mio modo di vedere è sempre molto positivo, anche se vedo queste gravi difficoltà rimango, di base, un’ottimista. Ognuno ha il proprio metodo di revisione di se stesso e del proprio passato. Per me è il momento di rafforzare il legame con quei valori per cui la vita vale la pena di essere vissuta. Per cui vale la pena lottare. Partendo da un grandissimo amore ed una grandissima passione per ciò che faccio, che è premessa indispensabile per andare avanti.
Quindi l’arte può essere in definitiva, una risposta?
Da un punto di vista personale sicuramente si. Ma anche da un punto di vista collettivo credo che la società abbia estremamente bisogno di creatività, a maggior ragione in questo difficile momento. Creare è dar voce alla propria paura, ma anche alla propria speranza.
Una doppia lettura, dunque. Si aprono nuove possibilità, anche di espressione. Spostarsi da una postazione di mete raggiunte e certezze acquisite, ad un’altra dove gli obiettivi non solo vanno reinventati ma raggiunti nuovamente, può essere un cammino fertile per l’artista.
Gli obiettivi devono essere rivisti con nuovi occhi. È necessario.
Così, in un momento nel quale si parla comunque di buio, le tue sculture di luce sono la via simbolica per un cammino inverso?
L’elemento luminoso è la vita delle mie sculture, ne è il cuore pulsante. È l’elemento continuamente variabile, a seconda del tipo di opera, della sua dimensione, della sua collocazione, e soprattutto fa cambiare sempre la prospettiva di luce ed ombra che crea. Ci obbliga a vedere quanto è intorno con un altro punto di vista. Anche uno spazio conosciuto, rivisto con una luce diversa, apre sempre una nuova possibilità di interpretazione, lascia intravedere altri orizzonti.
C’è poi un ulteriore territorio fertile di creatività per te, legato ad un luogo specifico: La Foce. Oltre a luogo dell’anima e della creazione, è il punto dal quale ripartire?
La Foce non è solo la casa di famiglia, è innanzitutto il raggiungimento dei sogni delle generazioni che mi hanno preceduto. La storia di quel luogo registra passaggi fin dai tempi degli etruschi e dei romani, che lì hanno trovato un proprio spazio da costruire. Sicuramente è un luogo che ha energie particolari: è un incrocio di strade, di venti, di culture.
È il luogo di origine ma anche teatro dell’attuale UTURN.
Senza dubbio. Quale teatro migliore di un luogo dove l’uomo ha così energicamente investito le proprie forze? A La Foce c’è stata una lotta feroce fra l’uomo e la natura, perché è selvaggia, dura. Ma alla fine è stata modificata, l’uomo è riuscito a costruirsi un proprio spazio, in mezzo a delle crete così aride, con la forza della volontà e del lavoro.
Così è stato luogo di varie inversioni di marcia, nel corso della storia.
Ve ne sono state moltissime, effettivamente. La stessa storia dei miei nonni né è un esempio. L’acquisto di La Foce è stato il loro punto di svolta, nella sua costruzione hanno investito tutto. Per questo la bellezza di questo teatro, la realizzazione di questo sogno va condivisa: non deve essere visto come un punto di partenza solo per me e per la mia famiglia, ma anche per le persone che mi circondano e che lavorano con me. Vorrei trasmettere agli altri, anche con le mie sculture che sono così intimamente legate a quel luogo, il senso di equilibrio che mi trasmette.
L’artista crea interpretando un universo inesauribile di segni. Come si traduce per te questo passaggio, da un punto di vista puramente estetico?
La Foce è luogo di moltissimi contrasti. C’è la villa con il giardino superbo, meraviglioso, e già in questo progetto Cecil Pincent mira a creare un equilibrio fra passato e presente, fra il modo di costruzione quattro-cinquecentesco ed una reinterpretazione novecentesca. C’è poi lo spazio intorno, con il quale ha dovuto dialogare: è un contrasto fra la ricchezza interna del giardino e poi la valle, con la desolazione delle crete. In questo contrasto c’è una ricchezza estetica che è primaria fonte di ispirazione per me.
Tutto questo si lega anche agli stessi materiali che tu utilizzi per le tue sculture, che hanno già una propria formazione, una propria storia. La prima fase di reperimento è proprio nelle stanze e nel giardino di La Foce.
Sono stata da sempre una grande sperimentatrice, ho sempre cercato di utilizzare tutto il materiale che avevo a disposizione, dal ferro al legno, dal vetro al travertino. Il punto centrale è proprio la ricerca: gli spazi della villa, ma anche i campi di La Foce sono luoghi ricchissimi di materiali diversi. La stessa terra, con la sua particolarità, è centrale nella costruzione della mia opera. Ho iniziato a creare proprio pensando alla riutilizzazione di un materiale già vissuto, cercando un elemento che avesse già un’essenza, una storia appunto. A maggior ragione se c’è un oggetto dimenticato, non più utilizzato, mi dà l’occasione di riguardarlo da un altro punto di vista: riutilizzandolo, riprendo la sua storia, e ne creo una nuova, ulteriore.
Ogni materiale diviene così un motivo lirico, da esplorare fin nelle pieghe più remote.
Prendiamo il travertino. È nei miei ricordi fin dagli anni dell’infanzia, da quando andavo a piedi nudi per il giardino. Ricordo ancora il calore che sentivo anche dopo il tramonto del sole: il travertino riesce a trattenerlo per molto tempo, ne assorbe tutta la potenza. Ed ancora a La Foce c’è il ferro, che è simbolo di forza, simbolo del lavoro dell’uomo. Il ferro affonda nella terra; la sua sostanza al contatto con la terra, ma anche con l’acqua, viene modificata, alterata, ma è un materiale così forte che resiste, in profondità, alla minaccia del tempo. È simbolo di grande robustezza.
Nelle tue sculture c’è comunque anche una forte presenza del vetro
Lo utilizzo a contrasto con le lastre molto sottili di travertino, e dunque ha una funzione di sostegno. Ma il vetro è anche elemento che dà la verticalità alle mie sculture, ed inoltre la sua trasparenza mi dà la possibilità di lavorare anche con la carta, che impastata e congiunta alla lastra crea uno splendido effetto marmorizzato. Nel vetro si racchiudono forza e fragilità, ha una potenza simbolica importante per la mia opera. Sicuramente un simbolo di UTURN.
E poi la forza evocativa della terra…
Certamente. L’immagine più significativa che mi sono ritrovata a guardare pensando a UTURN è proprio la strada scavata nell’acqua nella terra, nella terra dura ed apparentemente impenetrabile della creta. Si trova comunque un nuovo passaggio, è inevitabile e fisiologico.
La terra richiama, nel nostro immaginario, anche il lavoro manuale. L’artista contemporaneo sembra ignorare, o peggio disprezzare il valore del processo creativo manuale. Tu sembri volertene al contrario fortemente riappropriare. Quale dunque il tuo rapporto anche con i vari laboratori artigianali? Le antiche tecniche di lavorazione possono trovare nuova applicazione nella contemporaneità artistica?
Frequentare diversi laboratori artigianali è stata per me una scuola; si riscontra talvolta una genialità nella lavorazione della materia che è fonte preziosissima. Lavorare con le mani è indispensabile perché ti venga trasmessa l’essenza di un materiale, per conoscerne tutte le potenzialità espressive. Non avrei potuto iniziare il mio percorso senza la frequentazione delle botteghe fiorentine di vetrai e fabbri: da qui ho compreso che questi materiali potevano essere associati a formare una scultura.
Chi lavora solamente con un progetto si toglie poi una possibilità espressiva straordinaria della creatività: l’improvvisazione
Nel mio lavoro lascio molto spazio all’improvvisazione infatti. Le parti di materiale che utilizzo trovano lentamente il loro equilibrio; la loro fusione nasce con il lavoro: alla fine tutto il processo si definisce come per forza di una calamita, che attira a sé le varie parti. Tutte le mie sculture si formano intorno ad un elemento, gradualmente, per forza di stratificazioni, non partono mai da un progetto statico ed inalterabile.
Il contatto con la materia, ma anche con i simboli del lavoro presenti a La Foce come ha dunque influenzato l’allestimento del tuo nuovo showroom, che verrà inaugurato in occasione di UTURN?
Lo spazio del vecchio frantoio è rimasto invariato fin dall’epoca in cui veniva utilizzato dai miei nonni. Ci sono ancora le vecchie macchine con i colori blu petrolio, si sente ancora al loro interno l’odore fortissimo dell’acido dell’olio. È così perfetto che non ne potrei modificare alcuna parte. Il cambiamento è solo nella sua nuova utilizzazione. È anche questo un luogo di creazione: c’è il ricordo di un’occupazione quotidiana, dell’impegno di tante persone, che insieme ottengono il frutto del proprio lavoro. La fine e l’inizio di un nuovo ciclo. Per me è un onore ed una gioia poter esporre le mie sculture proprio in quello spazio di La Foce. La storia che io voglio condividere non è solo una storia di bellezza legata al giardino, all’architettura della villa, ma anche al cuore produttivo di La Foce: l’azienda agraria, e la bonifica della zona, che è stata il sogno di mio nonno.
In questa rassegna la tua opera sarà esposta insieme al lavoro di due altri artisti: la fotografia di Francesca Lotti e la performance teatrale di Alessandro Gaggio. Quale il significato della vostra collaborazione per UTURN?
È la nostra interpretazione dell’inversione di marcia, l’interpretazione esclusiva e personale del momento che stiamo vivendo. Ognuno di noi ha un proprio modo di soffrire, di sperare, di muoversi, di lavorare, di trovare una nuova strada. E’ l’occasione di guardarci l’un l’altro, ed imparare dall’esperienza altrui. Il senso di UTURN sta proprio nel modo diverso con il quale tutti noi reagiamo di fronte al cambiamento.
C’è anche un blog creato da Giovanni Bigazzi in occasione dell’evento
È una pagina comune nella quale tutti noi possiamo fermare i nostri pensieri, condividere le fasi salienti del nostro lavoro. Per me tutto questo è un’esperienza nuova, molto stimolante. È di fondamentale importanza l’idea di un lavoro di gruppo, con il contributo di creatività così diverse.
UTURN non è solo una mostra. È un momento di condivisione
È il senso di ciò che stiamo creando. Ognuno di noi deve essere protagonista dell’evoluzione stessa di La Foce.
Noi ci siamo conosciute in occasione della pubblicazione del tuo primo catalogo, con una importante mostra personale, lo scorso anno. In pochi mesi trascorsi molto è cambiato, la crisi che intravedevamo adesso la stiamo pienamente vivendo. Tutte le prospettive si sono limitate, o ampliate per altre strade. Comunque sono state stravolte. Cosa è cambiato nel tuo universo creativo da allora?
È cambiata la consapevolezza di ciò che mi sta accadendo intorno. So di vivere un momento difficile, duro, simile al percorso dell’acqua che deve trovare una fessura nella creta, come dicevamo poco fa. Ma è ancora più chiara, dentro di me, la ragione che muove il mio processo creativo. L’esigenza dell’unione dei materiali è la necessità della creazione di solidi nello spazio, e con questo la creazione di un proprio spazio nel mondo. È la mia personale ricerca della pace interiore, dell’equilibrio, che nonostante tutto continua ad andare avanti. Il mio momento creativo è il mio momento di rifugio e di sicurezza. La sicurezza della possibilità di costruzione che è insita nel lavoro: questa sicurezza, questo equilibrio, è quanto io voglio trasmettere a chi vivrà con me, a La Foce, questa esperienza.

mercoledì 23 giugno 2010


La limonaia

La limonaia,dove saranno esposte le fotografie di Francesca e le ceramiche di Alessandro, è un luogo con un fascino particolare.
I muretti utilizzati per riporre i limoni durante l' inverno, ora spogli, verranno riutilizzati come palco per le opere sugestive dei due artisti.
Il muro alle spalle macchiato dal ramato ci mostra il vero utilizzo del luogo , dove strati di colore si sono sovrapposti col passar degli anni .

martedì 22 giugno 2010

ELISA GRADI: IL NOSTRO UTURN

UTURN è per me un momento di condivisione, un riflesso del momento che stiamo vivendo, che ci costringe a vedere ogni prospettiva scontrarsi con una realtà sconosciuta, a tratti impenetrabile. Le mete da raggiungere richiedono percorsi più lunghi, tortuosi, e siamo in balia di un fiume che si perde in mille rivoli: non riusciamo a capire il suo corso, non sappiamo dove ci porterà.

Sappiamo però di essere di fronte ad un mutamento radicale: la nostra consapevolezza ci spinge ad una reazione: il nostro punto di svolta – ma anche il nostro punto di forza – è l’affidarsi alla nostra forza creativa, a ciò che di insopprimibile esiste nel nostro spirito. Da storico dell’arte, aderisco con entusiasmo ad un progetto dove la creatività di diversi artisti non si sperde in particelle di stile ma si sublima in un tutto, nell’esplosione di un sentimento condiviso, che allarga le frontiere verso una coscienza che vuole abbracciare l’essenza, il mistero della vita contemporanea.

La passione e l’energia vitale delle sculture di Giovanna Lysy si alternano alle visioni pervase di erotismo ed ambiguità di Alessandro Gaggio, fermate nel tempo dallo scatto fotografico di Francesca Lotti; intorno è La Foce con la sua storia, la sua energia: nel contrasto fra la sontuosità e l’asprezza delle sue bellezze si allestirà un teatro di vita creativa di grande intensità espressiva, segno di forze vitali che, anche sotto la volta oscura del momento che viviamo, non arrestano il proprio moto. Questa fede tenace è per me la sostanza di UTURN.

mercoledì 9 giugno 2010

venerdì 28 maggio 2010

giovedì 27 maggio 2010

sabato 22 maggio 2010

Bacheca in collaborazione tra Francesca e Alessandro



La collaborazione tra Francesca e Alessandro è ormai consolidata. La creatività che sprigionano lavorando, è per me sempre fonte di grande divertimento.
La grande capacità di esprimersi nell'arte di Alessandro e l' incredibile intuizione di Francesca , li portano ad affrontare argomenti di grande serietà con sensibilità e ironia.
Nel progetto U TURN la creazione di un mondo teatrale di statue viventi che fuggono all'interno di un labirinto di siepi, sarà in netto contrasto con le mie sculture ,radicate nella realtà e nell' istinto di sopravvivenza dell'uomo, crando così un gioco continuo tra realtà e finzione.

Scultura di Giovanna Lysy (particolare)

Lavoro di Alessandro Gaggio

Giovanna Lysy al lavoro nel suo studio a "La Foce"


venerdì 21 maggio 2010

Alessandro Gaggio

Vista la relatività della vita è difficile darsi una collocazione a quarantanni e per fortuna non ne sento il bisogno. Lavoro su sculture indossabili in bronzo e terraglia, sculture in ceramica, in cera, disegni a piacere e moda. In questa occasione collaboro con Giovanna e Francesca nella visione teatrale di alcune foto esposte, contribuisco alla mostra con le mie maschere e corazze in ceramica.

Francesca Lotti

Nasco come fotografa di moda, ma poliedrica mi appassiono ad ogni progetto da me pensato o suggerito, lavoro in ambiti diversi compreso la realizzazione di installazioni.
La scelta dei soggetti di questa mostra è dovuta ad un inversione di tendenza, dalla moda alla ricerca di altre emozioni.
Espongo quattro trittici :
1 - amori omosessuali maschili, Euriolo e niso, Edoardo II, Corradino di svevia ed il duca d'austria in collaborazione con Alessandro Gaggio.
2 - gli uomini animali sempre in collaborazione con Alessandro Gaggio.
3 - statue viventi in collaborazione con Giovanna ed Alessandro.
4 - il silenzio.

martedì 11 maggio 2010

RICORDI





Queste foto di archivio ci riportano ad un passato a La Foce che sembra lontano anni luce.

Sono gli anni "50 ma in realtà La Foce non è cambiata così tanto.

Il tempo in questo luogo sembra essersi fermato.

La forza della terra e allo stesso tempo la dolcezza delle colline è rimasto invariato.

lunedì 10 maggio 2010

giovedì 6 maggio 2010

U TURN 2010 e il "buzz" della rete

Quando Giovanna Lysy mi ha chiesto di occuparmi della promozione di U TURN 2010 attraverso la rete, ho subito risposto con entusiasmo. Come suggerisce il nome stesso U TURN vuole essere un punto di svolta, un momento di rottura, un'occasione per un'inversione di rotta. Se è vero che che dopo questa crisi nulla sarà più come prima, allora è altrettanto vero che proprio questa crisi ha rivoluzionato il mondo della comunicazione accelerando l'evoluzione dei nuovi media: la crescita esponenziale dei social network e delle community on-line, e la corrispondente, per altro drammatica, caduta dei media tradizionali, stanno investendo la società contemporanea condizionandone molti aspetti, tra questi anche l'estetica.
Come scrive Lev Manovich in un suo recente saggio dal titolo “Software Culture” è proprio il software che oggi è diventato un motore della cultura contemporanea. Basti pensare a come l'uso delle tecniche CAD influenzi gli architetti nella progettazione dei loro edifici, a come certi software per l'elaborazione delle immagini abbiano rivoluzionato il mondo della fotografia e della moda nel passaggio dall'analogico al digitale, a come i gadget tecnologici hanno ormai una valenza estetica che va ben oltre la loro stessa funzione. Monovich arriva a preconizzare che il futuro di tutte le arti è quello di un continuo processo di contaminazione e ibridazione, grazie alle infinite possibilità offerte oggi dalle tecnologie digitali.
Quindi abbiamo pensato di usare proprio il brusio stesso della rete come mezzo principale di diffusione per questo evento: quell'on-line buzz quotidiano, quel tam-tam contemporaneo che oggi ci accompagna in questo nuovo mondo della comunicazione e che fa di ognuno di noi un nodo di questo network globale.

Giovanni Bigazzi

venerdì 23 aprile 2010

Giovanna Lysy

L'origine delle mie opere nasce in Toscana, nel cuore della Val d'Orcia, in cui la bellezza della natura non è stata deturpata dall'uomo e il tempo sembra essersi fermato. La dolcezza della linea delle colline di creta nasconde una realtà dura in cui l'uomo era costretto ad una lotta continua per vincere l'aridità. La costanza e la tenacia erano alla base della sopravvivenza, così come la conoscenza della natura e delle tecniche di lavorazione.
La scelta di riutilizzare materiali agricoli in disuso, in prevalenza di ferro, ed il travertino di cave della Val d'Orcia mette in risalto il lavoro e la forza dell'uomo del passato, riportando alla luce gli antichi valori legati al ritmo delle stagioni. Il contrasto evidente con il ritmo accelerato della vita odierna viene rappresentato, nelle mie sculture, da una linea essenziale allungata, in cui la verticalità è data soprattutto dall'utilizzo del vetro che, accompagnato da effetti marmorizzati della carta, gioca con la trasparenza ed il colore. L'unione di tutti gli elementi assemblati trova un equilibrio con la geometria, e la luce, di cui tutte le mie opere sono provviste, diventa l'elemento variabile che permette all'osservatore di avere sempre un punto di vista diverso, un particolare non notato prima, sia nella scultura stessa che nello spazio che la circonda. Esse, nonostante le grandi dimensioni, non creano l'effetto di imponenza, perché nascono per integrarsi nello spazio adattandosi agli ambienti come spettatrici silenziose. La discrezione è quindi un elemento indispensabile per le mie opere, in modo da poter esaltare la bellezza dei luoghi amati.
Nel mio passato il tessuto d'arredamento, legato alle ditte Ratti e Rubelli, mi ha dato la possibilità di entrare nelle case, vivere culture diverse e lavorare adattandomi agli intimi ambienti domestici. La tranquillità e la pace ricercata in questi luoghi si intrecciano nelle mie sculture offrendoci la loro luce come compagnia.
La mia vita quotidiana è scandita dal ritmo veloce e costante dettato dai miei tre figli, mentre la ricerca del materiale e le ore trascorse nel mio studio mi riportano ad un passato legato a oggetti pieni di storia. Qui, intorno ad ogni pezzo ritrovato, costruisco una struttura tridimensionale con l'obiettivo di raggiungere un equilibrio interiore.
Il mio studio nasce nel vecchio frantoio nella villa di famiglia alla Foce che, circondata dal suo giardino all'italiana, offre un meraviglioso contrasto con il paesaggio lunare circostante. Oggi la Foce è anche un centro culturale fonte di ispirazione per letteratura, arte e musica, e dove regolarmente viene tenuto un festival di musica, Incontri in Terra di Siena.

venerdì 16 aprile 2010

Dal 10 luglio 2010 in mostra alla Foce

Il 10 luglio 2010, alle ore 18:00 Giovanna Lysy scultrice e Francesca Lotti fotografa, inaugureranno U TURN, mostra di loro opere all'interno del giardino de "La Foce", nel cuore della Val d'Orcia.
Sin dal titolo, l'inversione di marcia, si evince la voglia di una ripartenza che ripercorre le proprie orme, alla ricerca di antichi valori e degli equilibri necessari per ricostruire una nuova era per la generazione degli "Over 40" travolta e sconvolta da una crisi economico/politica di livello mondiale.






Immagini di Giovanna Lysy